La scrittura a mano e la lettura su carta sono antidoti all’eccesso di digitale.

Non è una teoria o un appello, ma la premessa sulla base della quale otto università australiane hanno deciso di obbligare gli studenti a sostenere gli esami muniti di carta e penna. Una soluzione per impedire che gli elaborati vengano svolti approfittando dei software di intelligenza artificiale (AI) che ormai stanno sempre più prendendo piede.

Ne ha riferito il Guardian, ripreso prima dal Corriere Universitario quindi dal Messaggero.

Non si tratta di difendere soltanto la legittimità della prova di esame. Il discorso è più profondo: il ricorso ai programmi di intelligenza artificiale, già sufficientemente evoluti da fornire risposte attendibili e spendibili anche a domande specifiche, esercita impatto negativo sull’apprendimento degli studenti. È la considerazione maturata a New York che ha portato al mettere al bando nelle scuole pubbliche le applicazioni che impiegano l’AI su tutti i dispositivi in possesso degli studenti.

Che il divieto possa essere la migliore soluzione è tutto da stabilire. È però una certezza l’impatto che viene esercitato dalle tecnologie digitali sui processi di apprendimento. Un tema all’attenzione della Federazione Carta e Grafica, in prima linea nel promuovere la lettura su carta – e non per mere questioni di supporto -, sulla base di considerazioni che vanno dagli aspetti fisiologici a quelli comportamentali.

La scelta australiana è un passo verso quel mondo ibrido analogico/digitale di cui si è parlato, per iniziativa della Federazione, nell’incontro che si è tenuto nel corso dell’ultima edizione di BookCityMilano (qui il link). Uno spaccato importante della situazione è emerso in quella occasione dal confronto fra esperti multidisciplinari sull’importanza della scrittura a mano e dell’apprendimento su supporto cartaceo sia dal punto di vista ergonomico e funzionale sia in relazione alle esigenze pedagogiche.